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UNO SPIRITO DIALOGANTE
di Carlo Maria Card. Martini

[Nel numero di Vinea Electa dell’anno 2000 avevamo riportato la notizia (p. 23) del conferimento al cardinale Carlo Maria Martini del Premio «Principe de Asturias» 2000. Alla cerimonia del conferimento del Premio, il Card. Martini ha fatto un intervento che, per il suo contenuto, riteniamo utile riportare in questo sito all’attenzione dei nostri ex-alunni]

[Intervento alla cerimonia di consegna dei Premi «Principe de Asturias» 2000.

Sono vivamente grato per la concessione di questo premio, che mi onora e mi stimola nel servizio alla Chiesa e alla società di oggi.

So che è stato tenuto presente per il suo conferimento l’impegno di aprire sentieri di dialogo tra credenti e non credenti e tra gruppi sociali con difficoltà di mutua intesa.

Vorrei dire che la radice di questo servizio che ho cercato di fare - anche con l’aiuto di tanti altri, miei maestri, colleghi e collaboratori, a cui va tutta la mia gratitudine - sta nei libri della Bibbia, che ho avuto il dono di poter studiare scientificamente per molti anni, dedicandomi in particolare alla critica testuale e alla ermeneutica. Ho potuto così sperimentare in me e in molti altri come la Bibbia sia il libro fondamentale della nostra storia e il libro del futuro dell’Europa.

Dall’ascolto e dalla frequentazione delle Sacre Scritture ebraiche e cristiane nascono sentieri di approfondimento spirituale che portano alla radice dei grandi problemi umani e permettono di cogliere una base comune di dialogo con tutte le persone di buona volontà, anche di altre religioni o non credenti. Meditando a lungo sulle Scritture mi accorgevo che ciò che si produceva in me nella mente e nel cuore (il «cuore che brucia» di cui parlano i due discepoli di Emmaus in Lc 24,32) lo si poteva trovare anche nella esperienza profonda di altri, in particolare dei giovani.

Posso dunque dire che è lo studio della Bibbia e la meditazione sulla Bibbia che mi hanno portato alla pratica del dialogo.

Oggi uno spirito dialogante è quanto mai necessario. Ma per esso occorre anzitutto avere approfondito bene la propria identità. La Bibbia e in particolare i vangeli e le lettere di Paolo sono come lo specchio che rivela noi a noi stessi, ci fa capire che siamo e che cosa siamo chiamati ad essere.

Per dialogare è poi necessario coltivare una spiritualità fondata sul silenzio e sull’ascolto. La familiarità con la Bibbia insegna anzitutto ad ascoltare: «ascolta, Israele» (Deut 6,4); e l’esortazione è ripresa spesso da Gesù: «Ascoltate» (Mt 4,3). «Se uno ha orecchi per intendere intenda» (Mt 4,23). Ma l’ascolto suppone il silenzio. Oggi è necessario che chiunque ha una responsabilità pubblica abbia nella sua giornata momenti di silenzio prolungato, tanto più lunghe quanto più grandi sono le sue responsabilità. L’episodio biblico di Elia nella caverna del monte Oreb ci racconta che la voce di Dio non si manifestò né nel vento impetuoso né nel terremoto né nel fuoco ma «in un sottile mormorio di silenzio» (IRe 19,13). Il silenzio apre il cuore e la mente all’ascolto di ciò che è essenziale e vero.

Da ultimo per il dialogo occorre avere sincera simpatia per l’altro, avvicinarlo con fiducia, essere pronto a imparare da chiunque parli con sincerità e onestà.

Un dialogo sulle cose più importanti della vita è oggi necessario per la sopravvivenza e lo sviluppo delle culture, specialmente in Europa, anche per evitare che ci trovi spettatori di quel «clash of civilizations» («cozzo delle civiltà») che è stato prospettato da qualche studioso come conseguenza della fine dei grandi blocchi ideologici.

In un mondo che va sempre più unificandosi dal punto di vista economico e finanziario e nel quale oggi è possibile comunicare in tempo reale da tutte le parti della terra con ogni altra parte di essa, occorre uno stile di dialogo e di ascolto che tocchi anche i problemi sociali ed economici e permetta di passare da una globalizzazione dei mercati e delle informazioni a una globalizzazione della solidarietà, come ha chiesto ripetutamente il Papa Giovanni Paolo II, invitando per l’anno del Giubileo a «creare una nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali, in cui tutti . . . assumano la loro responsabilità per un modello di economia al servizio di ogni persona» (Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium, n. 12). Si tratta di interpretare e organizzare l’economia riconoscendone il valore e i limiti e la sua subordinazione all’etica. «Ciò implica anche la ricerca di strumenti giuridici idonei per un effettivo governo «sopranazionale» dell’economia: a una comunità economica deve poter corrispondere una società civile internazionale, capace di esprimere forme di soggettività economica e politica ispirate alla solidarietà e alla ricerca del bene comune in una visione sempre più ampia, capace di abbracciare il modo intero» (Giovanni Paolo II, Ai docenti e agli alunni dell’Università Commerciale «Luigi Bocconi» di Milano, 20 novembre 1999, n. 4).

Sarà così possibile affrontare anche altri problemi brucianti di oggi: la pace tra le etnie e le religioni, specialmente in Medio Oriente; i diritti umani e la difesa della dignità della persona in ogni paese del mondo e in ogni momento della vita; i problemi dell’ambiente e la difesa della terra dal degrado che la sta minacciando. Il credente sarà guidato dalla certezza che c’è al di sotto dei cammini umani una grazia dello Spirito Santo che sostiene nella lotta contro ogni assurdità e ingiustizia. Chiunque ha almeno fiducia nella vita, anche se noti ha una specifica fede religiosa, potrà allora trovare dei compagni di cammino con cui condividere l’ansia per la dignità di ogni uomo e donna e di ogni popolo della terra.

La grande tradizione civile e religiosa di questa terra di Asturias, in cui la cultura europea riconosce uno dei suoi nuclei fondatori, ci fa guardare al futuro con quella speranza che sola può dare slancio di fronte alle difficoltà e alle oscurità del presente.