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Card. A. Vanhoye

Festa dell’Istituto Biblico
5 maggio 2006 [97° anniversario della fondazione]

Celebrazione eucaristica nella Chiesa di S. Bonaventura e S. Croce (Via dei Lucchesi), presieduta da Sua Em. Card. Albert Vanhoye, S.J., professore emerito dell’Istituto

Parole di introduzione


Con grande gioia in questa celebrazione eucaristica rendiamo grazie a Dio per i 97 anni dell’Istituto Biblico, per tutte le grazie ricevute e per tutto il lavoro compiuto al servizio della Parola di Dio scritta nella Bibbia.
Vi ringrazio di tutto cuore, cari studenti del Biblico, di avermi gentilmente invitato a presiedere questa concelebrazione, mostrando così che la mia nomina a Cardinale è stata un onore fatto dal S. Padre all’Istituto Biblico più che alla mia modesta persona, è stata una espressione di stima per tutti gli esegeti, un incoraggiamento al lavoro esegetico.
     Per una serie di circostanze, questa celebrazione ha luogo un primo venerdì del mese, il che mi ha spinto a scegliere la messa votiva del Sacro Cuore. Tra l’Istituto Biblico e il Cuore di Gesù i legami sono stretti. Infatti, per ottenere i mezzi necessari alla fondazione dell’Istituto Biblico il papa San Pio X pregò molto il Sacro Cuore, poi nominò il S. Cuore protettore e patrono dell’Istituto Biblico e “per esprimere ‘questo’ in modo perenne, egli stesso ordinò che nello stemma dell’Istituto fosse messa, fra le due lettere Alpha e Omega, l’immagine del Sacro Cuore” (San Pio X, PIB 1955, p. 33). Forse non l’avrete notato, ma questa immagine c’è nello stemma. Altro gesto significativo “il Papa volle che la Lettera di fondazione, pubblicata il 30 maggio […] fosse datata il 7 maggio, primo venerdì del mese” (ibid.). Possiamo quindi ritenere che la data di oggi è quella giusta per fare la festa, giacché San Pio X non ha scelto il 7 maggio, in quanto tale, ma in quanto ricorreva, quell’anno, il primo venerdì del mese. Lo stesso Papa donò poi al Biblico una statua del Sacro Cuore, quella che si trova oggi nella cappella della comunità.
Questo legame tra l’Istituto Biblico e il Cuore di Gesù corrisponde a un dato reale, cioè per raggiungere il senso profondo della Sacra Scrittura è indispensabile l’unione al Cuore di Gesù; la Sacra Scrittura, infatti, è anzitutto rivelazione dell’amore di Dio, la cui sorgente per noi si trova nel Cuore di Cristo.
     In questa convinzione ho scelto come motto cardinalizio, rivolgendomi a Cristo, “Cordi tuo unitus”, “unito al tuo Cuore”; è un orientamento che prendo, una grazia che chiedo per me, una grazia che auguro a voi.

 

OMELIA

 

Cari fratelli e sorelle nell’amore di Cristo

     I testi biblici scelti per questa celebrazione ci aiutano ad approfondire la nostra comprensione del Cuore di Cristo e a rafforzare la nostra unione con lui.
     La prima lettura, l’oracolo di  Geremia che annunzia la Nuova Alleanza (Ger 31,31-34), ci mostra l’importanza del cuore per la relazione con Dio, cioè l’importanza dell’interiorità della persona umana: memoria, intelletto, affettività e volontà, perché, nel vocabolario biblico, l’uso metaforico della parola leb, cuore, non si limita a designare l’affettività, ma si estende a tutta l’interiorità della persona. Nell’Antico Testamento, si è presa sempre più coscienza dell’insufficienza di una legge esterna, scritta sulla pietra, per assicurare la relazione con Dio. Quando il cuore è cattivo, a che cosa servono le leggi, anche le più perfette? A nient’altro che a suscitare la voglia di trasgredirle, lo dice chiaramente san Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 7,7-8). Orbene, il popolo d’Israele dimostrava in continuazione di avere un cuore cattivo, sicché Dio si doveva lamentare dicendo: “Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie” (Sal 95,10). I profeti dovevano lottare senza tregua contro le violazioni dell’Alleanza e contro il formalismo religioso. Nel Libro di Isaia, Dio fa questa triste constatazione: “Questo popolo mi onora con le labbra … mentre il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13), una parola che Gesù riprende nel vangelo (Mt 15,8). L’alleanza del Sinai era continuamente violata, specialmente ai tempi di Geremia, al punto da provocare una catastrofe tremenda. Per porre rimedio a questa situazione disastrosa, Dio ebbe la generosità di promettere un’alleanza nuova, nella quale, invece di essere scritta su due tavole di pietra, la sua legge sarebbe stata scritta da lui sui cuori (Ger 31,31.33), il che avrebbe garantito l’autenticità e la saldezza dell’alleanza.
     Geremia non precisava in che modo Dio avrebbe scritto sul cuore umano. Spontaneamente, pensiamo che potrebbe bastare una dolce esperienza affettiva. In realtà, perché la Legge di Dio sia scritta sul cuore umano, una dolce esperienza affettiva non può bastare, ci vuole una forte educazione per mezzo di grandi sofferenze. L’uomo peccatore non era in grado di accogliere bene questo terribile intervento divino, non capiva, si ribellava, induriva il suo cuore. Il Nuovo Testamento ci rivela come l’oracolo della Nuova Alleanza si è adempiuto: si è adempiuto nel mistero pasquale di Cristo. Nell’Ultima Cena Gesù ha detto: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue” (1 Cor 11,25; Lc 22,20). La Lettera agli Ebrei in particolare ci mostra in che modo Dio ha scritto la sua legge nel cuore umano di Gesù. Nella sua Passione, Gesù ha accolto nel suo cuore umano l’azione divina che operava per mezzo della sofferenza. Gesù “imparò dalle cose che patì l’obbedienza” (Eb 5,8). Dopo la passione, il Cuore di Gesù è un cuore umano sul quale Dio ha iscritto la sua legge di amore in modo quanto mai profondo e perfetto. Se vogliamo avere la legge di Dio iscritta sui nostri cuori per vivere veramente nella Nuova Alleanza, dobbiamo chiedere con istanza la grazia dell’unione al Cuore di Gesù.
     Il profeta Ezechiele approfondì molto il messaggio di Geremia. Fece capire che non era sufficiente che la legge di Dio fosse iscritta sul cuore degli uomini peccatori: era necessaria una completa rifusione, un cambiamento completo del cuore umano, affinché fosse in grado di accogliere lo Spirito Santo. Questo cambiamento Dio lo prometteva dicendo: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez 36,26-27). Possiamo dire che anche questo oracolo si è adempiuto nel mistero pasquale di Cristo. Il cuore nuovo è il Cuore di Cristo risorto, cuore umano reso radicalmente nuovo per mezzo della passione sofferta con estremo amore (cfr Gv 13,1). Questo cuore nuovo è stato creato per noi. La devozione al Sacro Cuore deve consistere anzitutto nell’accogliere in noi questo cuore nuovo, per avere in noi “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), come ci invita l’apostolo Paolo. Lo scopo della comunione eucaristica è anzitutto, mi pare, quello di mettere in noi il Cuore nuovo di Gesù, cuore filiale e fraterno, centro e sorgente della Nuova Alleanza. Ne dobbiamo prendere meglio coscienza per corrispondere meglio a questa intenzione divina.
     Il vangelo che è stato ora proclamato (Mt 11,25-30) è il solo brano del Nuovo Testamento che parli esplicitamente del Cuore di Gesù. Questo vangelo è in rapporto con il tema della Nuova Alleanza, perché, come l’oracolo di Geremia, tratta della conoscenza di Dio. Affinché si attui la promessa divina “Tutti mi conosceranno” (Ger 31,34) è indispensabile che sia accolta la mediazione del Figlio, perché “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). Qui “conoscere” va inteso evidentemente non in un senso semplicemente intellettuale, ma nel senso biblico di una relazione personale profonda, stabilita nel cuore.
     Le prime parole di Gesù in questo passo costituiscono un serio ammonimento per noi, perché parlano dei “sapienti” e degli “intelligenti” e dicono che essi non recepiscono la rivelazione di Dio; ora per professione noi apparteniamo a questa categoria, e corriamo quindi il grave rischio di non pervenire alla conoscenza di Dio autentica. La nostra scienza, infatti, ci può condurre a un atteggiamento di sufficienza e di inconsapevole superbia, che chiude il cuore alla luce divina. È possibile accumulare una quantità enorme di conoscenze su punti secondari e perdere nel contempo il contatto con le realtà spirituali più fondamentali, di cui vivono pienamente invece molti cristiani modesti. Per evitare questo pericolo, il rimedio sta nell’unione al cuore “mite e umile” di Gesù.
     L’unione al Cuore di Cristo mi sembra essenziale per una esegesi che non rimanga alla superficie dei testi, ma raggiunga e metta in luce il loro messaggio profondo, che è un messaggio spirituale. Questo non vuol dire che l’esegeta possa trascurare le esigenze scientifiche di ricerca obiettiva e abbandonarsi alla propria soggettività, vuol dire piuttosto che l’esegeta deve spingere la sua ricerca obiettiva a tutti i livelli dei testi biblici, rispettando le regole di ciascun livello e sfruttando tutte le proprie capacità di percezione, comprese le capacità spirituali del cuore.
     In questa eucaristia chiediamo con grande fiducia a Nostro Signore la grazia di una profonda unione al suo cuore, la grazia di accogliere in noi i pensieri del suo cuore, i desideri del suo cuore, la sua unione filiale con il Padre e la sua apertura universale ai fratelli, la grazia anche di essere guidati dal suo cuore nel nostro lavoro esegetico in modo da scoprire tutte le ricchezze della Scrittura e comunicarle al mondo di oggi.
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