logo e scritta

UN NUOVO DOCUMENTO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

(da L’Osservatore Romano, mercoledì, 5/12/2001, p. 6)

In questi giorni, la Libreria Editrice Vaticana pubblica un nuovo documento della Pontificia Commissione Biblica nel suo testo originale francese e in una traduzione italiana. Il tema di questo documento non manca certo d’importanza. S’intitola: «Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana». Viene trattato con serietà scientifica e in uno spirito aperto e positivo. Lo scopo dichiarato è quello di contribuire al dialogo fraterno tra cristiani ed ebrei. La Commissione Biblica non pretende, evidentemente, di prendere posizione su tutti gli aspetti della questione delle relazioni tra la Chiesa e il Giudaismo; essa «si limita al punto di vista dell’esegesi biblica, nello stato attuale delle ricerche» (n.1). Questo campo, però, è già abbastanza vasto e la sua importanza è fondamentale. La Commissione Biblica non si è voluta accontentare di alcune riflessioni generali; essa ha esaminato con precisione i dati del problema. Ne risulta che il documento non è breve. Nella sua qualità di Presidente della Commissione Biblica, il Cardinale Joseph Ratzinger ha scritto una sostanziosa prefazione che mette in risalto soprattutto la questione decisiva dell’unità interna della Bibbia cristiana, quale è stata riconosciuta dall’esegesi patristica e resa problematica da una certa esegesi moderna, che conviene rimettere in questione.

Tra la sua «Introduzione» e le sue «Conclusioni», il documento comprende tre parti, di cui la seconda è quella che occupa più spazio. La prima dimostra che le Sacre Scritture del popolo ebraico sono una parte fondamentale della Bibbia cristiana, giacché il Nuovo Testamento riconosce esplicitamente l’autorità di queste Scritture e si afferma conforme ad esse. D’altra parte, i rapporti tra Scrittura e tradizione orale sono analoghi nel cristianesimo e il giudaismo e i metodi dell’esegesi giudaica antica vengono adoperati nel Nuovo Testamento. La differenza di estensione tra l’Antico Testamento dei cristiani e la Bibbia degli Ebrei riguarda soltanto una parte minore delle Scritture e si spiega storicamente.

Di maggiore importanza è la seconda parte, perché studia in che modo i temi fondamentali delle Scritture del popolo ebraico sono stati recepiti nella fede cristiana, quale viene espressa nei testi del Nuovo Testamento. Qui, dopo aver ricordato l’evoluzione dell’esegesi cristiana dell’Antico Testamento, il documento propone analisi precise, che mostrano come la fede cristiana si trovi in profonda continuità, su tutti i punti essenziali, con la fede espressa nella Bibbia ebraica: rivelazione del Dio unico, grandezza e miseria delle persone umane, iniziative divine di liberazione e di salvezza, elezione d’Israele, alleanza, Legge, preghiera e culto, posizione privilegiata di Gerusalemme del suo Tempio, tutto si ritrova nel Nuovo Testamento, il quale fa eco ugualmente ai rimproveri divini e alle magnifiche promesse di Dio. Si nota tuttavia, tra l’Antico Testamento e il Nuovo, una netta evoluzione, la quale porta con sé, inevitabilmente, certi aspetti di discontinuità resi necessari per l’adempimento del disegno di Dio.

La terza parte studia i vari modi in cui gli Ebrei vengono presentati negli scritti nel Nuovo Testamento. Le prospettive del Nuovo Testamento non sono per niente unilaterali in proposito. Anzitutto occorre essere consapevoli della diversità del giudaismo nell’epoca del Nuovo Testamento. Gli Ebrei si dividevano in diverse tendenze, tra le quali i rapporti erano talvolta estremamente tesi. Quindi la situazione di tensione che si è creata tra i discepoli di Gesù e altre tendenze delgiudaismo non era un fatto eccezionale. Nel Nuovo Testamento, la maggioranza dei testi esprime atteggiamenti molto positivi al riguardo del popolo ebraico. Vi si trovano anche testi polemici; il documento li esamina attentamente e constata che non si tratta mai di un vero antigiudaismo, «cioè di un atteggiamento di disprezzo, di ostilità e di persecuzione contro gli Ebrei in quanto Ebrei». Si tratta soltanto di «rimproveri rivolti ad alcune categorie di Ebrei per motivi religiosi e, d’altra parte, di testi polemici destinati a difendere l’apostolato cristiano contro certi Ebrei che vi facevano opposizione» (n. 87).

Rinunciando a un facile irenismo, il documento non nasconde che, dal punto di vista dottrinale, gravi punti di disaccordo esistono tra il Nuovo Testamento e il giudaismo, ma osserva che tale dissenso non implica per niente una ostilità reciproca. «Un atteggiamento di rispetto, stima e amore per il popolo ebraico è il solo atteggiamento veramente cristiano». Il dialogo è possibile ed è molto augurabile. La Commissione Biblica spera di aver contribuito a farlo progredire «nella chiarezza e nella stima e l’affetto vicendevoli.» (n. 1).

Albert Vanhoye, S.J.
Segretario della Pontificia Commissione Biblica

Testo del documento