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DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2009-2010

CARREGA Gian Luca

La Vetus Syra del vangelo di Luca. Trasmissione e ricezione del testo

(Mod.: Prof. Craig MORRISON)

 La ricerca portata avanti dall’Autore si concentra sul vangelo di Luca nella più antica versione siriaca (la cosiddetta Vetus Syra). Mediante uno studio approfondito dei due manoscritti superstiti di questa tradizione – il Sinaiticus del IV secolo e il Curetonianus del V – e una costante comparazione con l’originale greco, si cercano di identificare le varianti più rilevanti e i principi che soggiacciono allo stile di questa traduzione.
     Dopo una breve presentazione dei manoscritti e della storia della diffusione dei vangeli in ambiente di lingua siriaca, la maggior parte dell’opera è dedicata alla discussione analitica di passi che presentano differenze significative rispetto al testo greco. Sono esaminati più di 300 passaggi del terzo vangelo, riportando il testo greco, le versioni siriache e le rispettive traduzioni. Nel complesso la ricerca si presenta come un ampio lavoro di catalogazione delle varianti secondo le cause che le hanno prodotte. Il primo elemento preso in considerazione è l’armonizzazione, un fattore che nelle chiese siriache fu amplificato dalla vasta diffusione del Diatessaron di Taziano. Ad un’analisi più approfondita, tuttavia, il testo della Vetus Syra presenta assimilazioni di diverso genere, alcune delle quali non sembrano attribuibili all’influsso di Taziano. Successivamente sono prese in considerazione le varianti che in vario modo sono ascrivibili al modo di tradurre nel passaggio dalla lingua greca a quella siriaca. Delimitare i criteri che agiscono a questo livello e le caratteristiche proprie del siriaco è di capitale importanza per l’esclusione di queste variae lectiones dagli apparati critici del NT, poiché non riflettono differenze nel testo greco che fa da modello alla traduzione, ma sono inerenti alla lingua stessa.
     Sgombrato il campo dagli elementi accidentali, la ricerca si occupa delle interpretazioni del testo che sono attribuibili alla comprensione del traduttore. In alcuni casi il testo tradotto si discosta dal greco per oggettive difficoltà di comprensione o per ambiguità intrinsecamente legate ad espressioni interpretabili in diverso modo; altre volte il traduttore interviene esegeticamente sul testo che ha di fronte e questi sono i casi che suscitano maggior interesse. Assommando gli esempi, si ha la netta impressione che siano in atto dei processi ermeneutici che portano ad assegnare al testo significati presumibilmente estranei alla compilazione ad opera dell’evangelista. Si riscontra, infatti, la tendenza a conferire una più esplicita centralità alla figura di Gesù, che emerge sempre più come protagonista dei racconti. Ma anche i personaggi “secondari” assumono nuove fisionomie, ritratti con le caratteristiche tipiche del discepolo anche quando il testo greco non pare implicarlo, diventando così sempre più funzionali alla logica dell’evangelizzazione. Tra le righe della versione della Vetus Syra sembra potersi cogliere l’eco di dibattiti teologici che animano la scena contemporanea alla sua compilazione, sia a livello di temi che di linguaggio. Alcuni passi paiono poi contenere curiose assonanze con le tradizioni targumiche e l’esegesi di scrittori siriaci quali Afraate ed Efrem, suggerendo una fitta rete di relazioni tra l’attività di traduzione e quella ermeneutica delle scuole.
     In conclusione, la Vetus Syra di Luca si presenta come un pregevole esempio di traduzione non troppo letterale dell’originale greco, con sufficienti spazi di libertà per il traduttore per rendere più esplicito ciò che poteva considerare eccessivamente criptico per i suoi lettori, animando la sua prosa con espressioni dalle forti tinte semitiche e conservando una sintassi più docile alla lingua di traduzione che a quella originale. Queste caratteristiche andranno fatalmente perdute nella successiva versione della Peshitta e ancor più nella iperletterale Harclense.