logo e scritta

DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2012-2013

LEPORE Leonardo

Le astuzie dello scriba. Studio di una tecnica redazionale tardiva di riscrittura. Exempla in Exodo

Mod.: R.P. Jean Louis Ska, S.J.

La tesi che questo studio intende difendere può essere così riassunta: in epoca tardiva della storia testuale del Pentateuco alcuni testi (sia di natura legislativa sia di natura narrativa), aventi numerosi tratti in comune, furono riletti e armonizzati perché ci fosse tra loro una migliore corrispondenza. Il lavoro redazionale intese completare brani che tra loro mostravano diversi punti di corrispondenza. Cercando di eliminare le differenze, con la finalità di correre a coprire eventuali mancanze, la mano dello scriba pose in atto un lavoro sapiente di completamento dei testi: una riscrittura di carattere completivo.
Per supportare tale tesi, la ricerca fornisce lo studio di tre casi esemplari, tre testi tratti dal libro dell’Esodo con paralleli nel libro del Deuteronomio.
     Il primo brano affrontato è Es 16, il testo che narra del miracolo della manna. Le argomentazioni addotte sono le seguenti: a) individuazione dei problemi del testo; b) eliminazione delle aggiunte più evidenti; c) ricostruzione del racconto originario; d) analisi dei vv. 4-5.27-28. L’analisi ha permesso di dimostrare come fossero totalmente estranei al racconto basilare, di natura sacerdotale, i vv. 4-5.27-28, legati, sia per vocabolario, sia per stile e composizione al testo di Dt 8,2.16. Di conseguenza si può supporre che, ad un dato punto della storia testuale, siano entrate in Es 16 le categorie della “prova” care a Dt 8. Il redattore avrebbe completato Es 16 inserendo in esso una interpretazione vicina a quella fornita dal Deuteronomio.
     Il secondo caso esemplare riguarda l’analisi del Decalogo (Es 20,1-17). Data l’ampiezza dei contributi offerti dall’esegesi scientifica, si è partiti – ritenendole congruenti – dalle affermazioni dello studio di F.-L. Hossfeld, Der Dekalog. Seine späten Fassungen, die originale Komposition und seine Vorstufen (OBO 45; Göttingen 1982), per il quale nel confronto tra le due versioni del Decalogo, appare evidente come quella deuteronomica (Dt 5,6-21) sia più antica rispetto a quella esodale. Partendo dalle argomentazioni di questo autore, la ricerca offre tre argomentazioni ulteriori: a) lo studio del contesto immediato del Decalogo in Esodo (cf. Es 19,25; 20,18); b) lo studio del contesto allargato a tutto il secondo libro del Pentateuco (cf. Es 34,28 e Es 24,3.12); c) infine, lo studio del comando del sabato (Es 20,8-11). La conclusione è stata quella di vedere non solo la secondarietà della versione esodale rispetto a quella deuteronomica del Decalogo, come anticipata da Hossfeld, ma anche quella di leggere nella presenza dei comandi in Esodo la volontà, messa in atto dalla redazione, di completare il discorso della rivelazione sinaitica aggiungendovi il datum rilevante della proclamazione decalogica, senza della quale il senso del racconto dei fatti del Sinai sarebbe risultato mancante.
     Il terzo e ultimo caso studiato, è il testo Es 32,7-14: il brano dell’intercessione di Mosè sul monte. Rispetto al parallelo deuteronomico (cf. Dt 9,12.14.26-29), anche in questo caso, dopo lo studio delle difficoltà inerenti la lettura del testo (a), dopo lo studio delle letture interpretative proposte dagli autori (b), e dopo alcune argomentazioni in merito allo stile e al vocabolario della pericope (c), si arriva alla conclusione che il brano della intercessione in Es 32 è stato inserito per far corrispondere il racconto del vitello d’oro con il testo parallelo del Dt 9* ove si propone lo stesso episodio.
     L’ultimo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione fenomenologica dell’intervento di redazione, con la citazione di cinque brevi regole in grado di rendere in senso descrittivo le qualità dell’atto redazionale di riscrittura. Infine, si è tentato anche di collocare temporalmente il lavoro della redazione, ponendo l’ipotesi circa il “quando” tale opera di riscrittura sia avvenuta. Con buona evidenza si propone il periodo tardivo della storia testuale del Pentateuco quale momento adatto a spiegare l’esigenza di avere testi maggiormente uniformi tra di loro: periodo in cui non si cercava tanto di creare ex novo i testi, quanto piuttosto di rileggere scritture già esistenti.
      La capacità dello scriba sarebbe stata tale da permettergli di completare testi tra loro molto simili e, in pari tempo, di creare rimandi ad altri testi del Pentateuco, considerati tardivi anch’essi. Lo scriba avrebbe aggiunto e uniformato, lavorando tecnicamente sui testi, avrebbe messo in campo il suo genio e certamente, da buon artigiano, una sana dote di astuzia.