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DISSERTAZIONI DI DOTTORATO
2003-2004

MARCHESELLI Maurizio

«Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli» (Gv 21,1). L’intenzione redazionale di Gv 21, alla luce del disegno letterario del capitolo stesso e della sua rilettura della tradizione giovannea preesistente


Mod.: Prof. Johannes BEUTLER

Scopo della dissertazione è indagare l’intenzione redazionale dell’autore di Gv 21, accettando l’ipotesi critica che si tratti di una figura distinta da quella a cui vanno attribuiti i precedenti capitoli del quarto vangelo (QV). L’intenzione dell’autore è riconoscibile essenzialmente in base a due parametri: il disegno letterario che dà forma al capitolo nel suo insieme e la costante ripresa al suo interno di vocaboli, immagini, motivi provenienti da Gv 1–20. Una duplice attenzione ha caratterizzato, pertanto, tutte le fasi della ricerca: mantenere una stretta connessione tra le singole sezioni testuali e il tutto; dare una lettura puntuale e sistematica di Gv 21 sullo sfondo dei CC. 1–20.

La ricerca si compone di cinque capitoli principali (II–VI), preceduti da uno status quaestionis della ricerca esegetica su Gv 21 (I) e seguiti da un capitolo di bilancio e conclusioni (VII).Il primo passaggio è costituito dallo studio del disegno letterario complessivo di Gv 21. Il testo, che ha probabilmente alle spalle una storia complessa, ha tuttavia raggiunto un buon livello di unificazione nella sua forma finale, da un punto di vista narrativo e stilistico. Esso è diviso in due parti (21,1-14 e 21,15-24), che descrivono congiuntamente il manifestarsi del Risorto: dapprima attraverso il racconto di un evento (pesca e pasto) e poi in relazione a due discepoli, a proposito dei quali il Signore dialoga con Pietro. Il v 1 è, pertanto, un titolo per l’intera composizione. Lo studio della trama di 21,3-13 (il racconto di pesca e di pasto in senso stretto) mostra la peculiare connessione stabilita dal testo fra tre motivi: la pesca (v 3), una richiesta di cibo da parte di Gesù (v 5) e l’offerta autonoma di un cibo da parte sua (v 9). Il punto cruciale per l’interpretazione non è tanto la giustapposizione di pesca e pasto, quanto piuttosto il fatto che il pasto finale contenga due cibi di diversa provenienza: la pesca è finalizzata a procurare il cibo che Gesù ha chiesto ai suoi, che va a sommarsi a quello da lui stesso preparato. Col cibo da Gesù autonomamente preparato, il racconto fa allusivamente riferimento all’eucaristia: un elemento decisivo in questa direzione è fornito da Gv 6, l’unico altro passo giovanneo in cui si fa questione di un cibo dato da Gesù ai suoi. Per l’interpretazione del cibo procurato dai discepoli tre elementi devono essere tenuti in considerazione: (a) il fatto di trovarsi di fronte ad una richiesta di cibo da parte di Gesù, che si spiega soltanto alla luce di Gv 4,31-38 (cfr. anche 4,27-30.39-42); (b) l’immagine della pesca, che costituisce un simbolismo già presente nei sinottici e ulteriormente arricchito in Gv 21 con elementi della tradizione giovannea; (c) alcuni particolari narrativi con cui vengono presentate le modalità di realizzazione della pesca stessa, che si spiegano unicamente alla luce dell’interesse di Gv 1–20 per l’azione missionaria, che la teologia giovannea intreccia regolarmente coi temi dell’attrazione universale a Gesù e dell’unità. Assumendo un simbolismo già conosciuto dai sinottici (il pescare) e precisandolo ulteriormente con vari elementi della propria tradizione, l’autore di Gv 21 narra di come un gruppo di sette discepoli — rappresentativi della comunità dei credenti già esistente — compia l’opera missionaria attirando a Gesù innalzato e risorto una moltitudine di pesci, che raffigura tutti gli uomini. L’intenzione di Gv 21 è suggerire che Gesù, nel tempo tra la sua risurrezione e la sua venuta finale, si manifesta ai suoi e può essere riconosciuto come Signore all’interno dell’attività missionaria della comunità e della celebrazione eucaristica, poste in stretta connessione.

La manifestazione di Gesù annunciata in 21,1 continua nel dialogo del Risorto con Pietro, che occupa la seconda parte del capitolo (vv 15-24), in cui Pietro è descritto come discepolo e pastore e il discepolo amato (DA) come discepolo e testimone. L’indagine su Pietro e il DA in Gv 21 esige continue incursioni in Gv 1–20, perché il profilo di questi due discepoli nel capitolo aggiunto è comprensibile solo se si tiene conto di una quantità di motivi e di passi della parte precedente del QV. Risalendo dal dialogo dei vv 15-24 verso la sezione precedente, la tesi mostra che già nel racconto di pesca e di pasto i due discepoli hanno evidenziato quelle caratteristiche che sono successivamente riprese ed esplicitate nel dialogo. Il profilo e il ruolo dei due discepoli nel processo di manifestazione del Risorto è tratteggiato con coerenza nelle due parti del c 21: Pietro appare costantemente nei panni dell’autentico discepolo e della guida del gruppo; il DA in quelli del destinatario dell’amore di Gesù e del testimone (a livello intradiegetico in 21,3-13 ed extradiegetico in 21,20-24).In due capitoli successivi s’indagano l’origine della terminologia del manifestarsi, impiegata in Gv 21 per descrivere l’esperienza d’incontro col Risorto, e le ragioni della sua assunzione da parte dell’autore. Questa categoria viene recepita in Gv 21 dalla tradizione di tipo sinottico sulle apparizioni del Risorto e dalla cristologia di Gv 1–20. Essa colloca il capitolo aggiunto in un rapporto dialettico di continuità / discontinuità con le precedenti narrazioni pasquali: l’autore non intende semplicemente continuare la serie dei racconti precedenti (20,19-29), ma s’interessa delle modalità con cui Gesù, per tutto il tempo che va dalla sua risurrezione alla sua venuta, continua a manifestarsi ai suoi ed è da loro riconosciuto. In modo particolare, la tesi sviluppa un confronto tra la prima sezione narrativa del QV (Gv 1,19–2,12 è uno dei testi giovannei in cui compare il verbo phaneroô di 21,1.14) e il c 21 per mostrare come l’autore di Gv 21 abbia assunto la manifestazione del messia a Israele (1,19–2,12), come modello letterario e teologico per descrivere la manifestazione del Risorto.

Dal punto di vista metodologico, l’assunto di base della ricerca è che assolutizzare l’approccio in termini di critica letteraria o, all’opposto, sostenere una lettura esclusivamente sincronica sbarra la strada alla reale comprensione del QV: l’indagine condotta si sforza di non escludere a priori nessuna delle due prospettive. Alla base del percorso compiuto ci sta un’ipotesi diacronica: il c 21 è un capitolo aggiunto secondariamente ad un vangelo già esistente. Nello studio del testo si è proceduto con un approccio di tipo direttamente sincronico, combinando la metodologia dell’analisi letteraria interessata al vocabolario e allo stile con quella di tipo più specificamente narrativo. Nei vari capitoli della ricerca, l’esame dei rimandi presenti in Gv 21 alla parte precedente del QV prescinde da una ricostruzione di singoli strati redazionali: i cc 1–20 sono trattati globalmente, come materiale che l’autore di Gv 21 certamente conosceva perché redatto da qualcuno a lui precedente o forse anche da lui stesso, unitamente al capitolo conclusivo.